L’intelligenza del pretermine e la valutazione prescolare

L'intelligenza del pretermine e la valutazione prescolare

Che cos’è l’intelligenza? Come funziona l’apprendimento? E se un bambino nasce prima del tempo? Quali sono i rischi e le conseguenze di una lesione cerebrale?

A queste domande, da tempo, la ricerca scientifica cerca una risposta. Non ne esiste una univoca: non c’è ancora, né ci può essere, una spiegazione univoca del perché e come mai a parità di strutture neuro anatomiche, l’espressione funzionale di tali strutture sia completamente diversa, da soggetto a soggetto. Il bambino, nella sua completezza, è l’insieme unico e irripetibile dell’interazione tra geni e ambiente.

Ancora: non è chiaro perché, a parità di nascita pretermine o di lesione cerebrale, il funzionamento cognitivo a lungo termine riscontrato tramite l’utilizzo di test neuropsicologici dia dei risultati completamente diversi da bambino a bambino. Allora la domanda principale che si pongono i genitori al momento della dimissione dalla TIN e della RM a 40 settimane, qualora tale esame riscontri una lesione cerebrale, è: ma come sarà mio figlio nel tempo? Avrà le stesse possibilità di un altro bambino? Potrà avere una vita normale? Questo è quello a cui vorremmo saper rispondere.

Adhd (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività), DSA (Disturbo Specifico
dell’Apprendimento) o… Pretermine?

La letteratura scientifica relativa all’argomento ci porta a pensare che esista una traiettoria di sviluppo cognitivo diversa dalla traiettoria normo-tipica per tutti i neonati pretermine, con o senza lesione cerebrale. Se facessimo di questa ipotesi una certezza, si potrebbe affermare che le diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività e quelle di Disturbo Specifico dell’Apprendimento non possano essere correttamente assegnate a quei bambini che hanno avuto una nascita differente. Se tutto questo fosse una certezza, allora si potrebbe intervenire fin da subito con progetti non riabilitativi (che vanno a lavorare su una perdita di una specifica capacità) ma abilitativi (che vanno a lavorare sull’acquisizione di una nuova competenza) per tutte quelle funzioni che si presentano come diverse e carenti nei bambini nati ad un’età gestazionale precoce.

Ma tutto questo rimane un’ipotesi, ed è partendo da questa ipotesi che il lavoro finale del percorso del follow-up coincide con la valutazione psicodiagnostica prescolare, obiettivo principe per stabilire gli esiti a lungo termine di tutto ciò che è successo prima e anche di ciò che non è successo, e che fa parte del patrimonio genetico di ognuno di noi. È in questo momento, soltanto in questo momento, che i genitori potranno rispondere alla domanda: ma come sarà mio figlio? Il bambino ha 5 anni e una vita davanti. Ma ha anche una vita passata, una storia familiare diversa da nucleo a nucleo, e sarà quella storia familiare, in quel contesto, con quel patrimonio genetico ad avere l’ultima parola. Diventa così non solo importante, ma fondamentale, arrivare alla valutazione psicodiagnostica non soltanto in età prescolare, ma ben prima, ai 36, ai 48 mesi, dando modo all’intero nucleo di potersi organizzare e riorganizzare in funzione della crescita il più possibile armonica del piccolo neonato. Speriamo che questo possa essere l’esito della ricerca.

Che cos’è e come funziona la valutazione psicodiagnostica prescolare?

La valutazione prescolare è un momento nel quale il bambino è il diretto protagonista e allo stesso tempo, il regista delle sue azioni e prestazioni. Insieme all’operatore, il bambino avrà l’occasione di scoprire il suo stesso funzionamento: disegnerà persone (valutazione della rappresentazione corporea), farà giochi di logica, di percezione e di ragionamento (test di livello WPPSI-III) e verranno indagate le funzioni esecutive (tramite la NEPSY-II), cioè quell’insieme di processi psicologici necessari per programmare, mettere in atto e portare a termine un comportamento complesso finalizzato ad uno scopo (Wellsh e Pennintong, 1988).

A cosa servono le funzioni esecutive? Perché misurarle nella valutazione prescolare?

Nessuno lo sa di preciso! Potrebbero essere definibili come quello che ci permette di organizzarci, di pianificare la nostra giornata, di spostare la nostra attenzione da un compito all’altro, e così via. Se esse siano da considerarsi come un tutt’uno operante su una base comune oppure siano frazionate ed entrino in gioco a seconda della tipologia di compito, è cosa che dipende dal punto di vista del ricercatore, nonostante siano svariate le ricerche compiute in tal senso. Alcuni parlano dell’esistenza di un Sistema Esecutivo Centrale, che dovrebbe indirizzare, come se fosse un vigile, la nostra attenzione a quello che dobbiamo fare. Questo non è da tutti condiviso, ma noi riteniamo che tale spiegazione sia supportata dall’evidenza clinica: i bambini che presentano una lentezza esecutiva hanno come principale difficoltà l’automatizzazione dei processi. E se un bambino non riesce ad automatizzare i processi con la stessa velocità che hanno i pari età, risulterà più lento rispetto ai suoi compagni, farà più fatica ad apprendere la lettura, la scrittura, l’ortografia, il calcolo; dovrà impiegare uno sforzo più notevole per concentrarsi, per controllare i suoi movimenti e per utilizzare al meglio le strategie sottostanti all’acquisizione di un corretto metodo di studio. Questo potrebbe avere delle marcate ricadute sulla sua autostima, poiché si potrà percepire come una persona che funziona peggio degli altri. Ma il punto non è scoprire se funziona meglio o peggio: il punto è capire, lui stesso, i genitori, gli insegnanti, che funziona in maniera semplicemente diversa.

Perché svolgere la valutazione prescolare?

L’importanza della valutazione neuropsicologica non è dire se quel bambino avrà o meno un buon rendimento scolastico, e il colloquio con i genitori non è soltanto volto a supportarli nella gestione degli eventuali comportamenti-problema. Lo scopo della valutazione diventa quello di indagare tutti i livelli del funzionamento del bambino, partendo da tutti gli aspetti della sua intelligenza, fino ad arrivare alla valutazione delle funzioni esecutive.

Perché a 5 anni?

È a questa età che il bambino si deve necessariamente misurare con una serie di richieste e di competenze che gli serviranno all’ingresso della scuola primaria di primo grado. È a questa età che si può ancora intervenire, velocemente, per poter riabilitare quelle aree ritenute carenti, quella attenzione di cui tutti parlano (maestre, genitori) ma che nessuno sa ben definire, poiché coinvolge non un comportamento, ma uno stile di comportamento e di funzionamento, quando le aree cerebrali coinvolte presentano un funzionamento diverso da quello normo-tipico. Ancora, è a questa età che la preoccupazione genitoriale si fa avanti più di prima, poiché se prima era focalizzata sulle funzioni di base, vitali, adesso è focalizzata sul quesito: quali strumenti e quali mezzi ha il mio bambino per affrontare queste nuove sfide? Come posso aiutarlo?

Dott.ssa Deborah Preiti (neuropsicologa)

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